di Francesca Sanesi
Qualche anno fa discutevo con un amico del senso del tempo. Siccome
ho una formazione classica, ho l’insopportabile abitudine di citare e in quell’occasione
rispolverai niente meno che Bachtin (nonostante parlassimo di politica e non
ricordo, dunque, il perché di questo azzardato accostamento), recuperando alcune
considerazioni sul cronotopo in letteratura da “Estetica e Romanzo”.
Diceva Bachtin: “Tutta l’azione del romanzo greco, quindi,
tutti gli avvenimenti e tutte le avventure che lo riempiono non rientrano nella
serie temporale storica, né in quella quotidiana, né in quella biografica, né
in quella dell’età biologica elementare. (…) In questo tempo nulla muta: il
mondo resta così com’era, biograficamente neppure la vita dei protagonisti
muta, i loro sentimenti restano anch’essi immutati, e le persone in tale tempo
non invecchiano neppure. Questo tempo vuoto non lascia alcuna traccia, alcun
connotato duraturo del proprio fluire. È (…) uno iato extratemporale sorto fra
due momenti di una serie temporale reale”.
Questa caratteristica del romanzo greco mi ha sempre sorpreso,
in senso negativo. Quel “a un tratto”, l’uomo in balia del caso che irrompe all’improvviso,
l’uomo così diverso da quello che poi comincerà a rivelarsi nell’agorà, ancora
privo di interiorità, ma già pubblico.
“Aspettavo di entrare nel mondo. Tristemente, quasi senza
impazienza. Il tempo era fuori squadra”, scriveva Fleur Jaeggy ne “I beati anni
del castigo”. Trascinati dal caso, in attesa che arrivi il momento, che
qualcosa cambi. Quanto tempo oggi si perde così?
Sabato scorso ho seguito il Wired Next Fest di Firenze. Sul
palco, Enrico Giovannini conversava sul futuro del lavoro con il direttore di Wired
Italia, Federico Ferrazza. L’ho ascoltato molte volte, anche dal vivo,
Giovannini, ma su quel palco ha detto una cosa che non avevo mai sentito da
lui. Ha esortato i giovani a investire tempo nello studio e nella formazione,
anche se adesso possono apparire meno urgenti di altro.
Voi non lo sapete, ragazzi, ma vi servirà (mi pare di aver
capito), e l’adesso non è nulla. L’adesso di questo nostro tempo veloce, mentre
corriamo, postiamo, trascuriamo relazioni, ci nutriamo di superficie, di
titoli, di rancore e ci sembra di riempire ogni singolo vuoto. Quanto tempo scorre
via in questo modo?
Ho appreso da Istat che, mediamente, in Italia una donna
dedica 1 ora e 45 minuti alla cucina. Io sono una donna nella media e, in
effetti, è così: 12 ore fuori casa per il lavoro, 1 ora e 45 minuti alla
cucina, un’altra per il resto della casa. A parte il piacere di stare con la
mia famiglia, quasi tre ore di faccende domestiche per me che vorrei la famosa room
of my own sono tempo definitivamente andato e da recuperare in qualche modo. Quindi,
invece di combattere l’insonnia che mi accompagna dalla nascita, ho reso quelle
ore notturne la mia stanza. Per leggere, scrivere, studiare, pensare. Perché io
non perdo tempo, anche se non porto un orologio da quando andavo al liceo.
Quando ho iniziato a lavorare, quasi vent'anni fa, il nostro
mantra era “eliminare la tassa occulta che grava sulle imprese: il tempo perso”
nella burocrazia, nelle lungaggini della Pubblica Amministrazione, perfino nel
cercare parcheggio per poi mettersi in fila, sottraendo così ore preziose all’attività
imprenditoriale. Io stessa passavo giornate intere ad analizzare ed elaborare
numeri, a cercare fonti. Oggi abbiamo nuovi strumenti: telematica, intelligenza
artificiale, una capacità di elaborazione dei dati impressionante. Abbiamo guadagnato quel tempo che ci pareva sprecato. Qual è
il senso che gli diamo?
La nostra scelta è determinante e definisce la qualità della
nostra vita interiore, sociale, pubblica e la misura del nostro futuro.
10 min e 16 secondi. Da vedere, per non sprecare tempo https://www.linkedin.com/feed/update/urn:li:ugcPost:6454271927304417280
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