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Social media e statistical literacy: una questione di fiducia e qualità


di Francesca Sanesi


Seguo attentamente, per lavoro ed interesse, gli account social ufficiali del nostro Istituto Nazionale di Statistica. Su Instagram ho visto un post sulla partecipazione di Istat alla 16esima Conferenza IAOS – OECD “Better Statistics for Better Lives”, che si è svolta a Parigi dal 19 al 21 settembre scorsi.

Nel post si richiamava l’intervento dell’Istituto sul tema “Social media communication: a new strategy to directly reach all users and consolidate their confidence in Official Statistics. Istat experience”. Sono andata a cercare nel programma, facilmente reperibile in rete, e ho trovato il paper di riferimento, redatto da Giulia Peci, Anna Tononi e Michela Troia, e presentato da quest'ultima nell’ambito della Sessione ”The use of social media in improving statistical literacy”.

Foto di Istat

È davvero un bel documento. Io promuovo la #PASocial ed esperienze come quelle raccontate dalle colleghe di Istat sono di stimolo e insegnano molto. 

Consiglio, quindi, di leggere la versione integrale del paper: http://www.oecd.org/iaos2018/programme/IAOS-OECD2018_Peci-Troia-Tononi.pdf

Qualche considerazione, in estrema sintesi. Partendo dall’assunto che le tecnologie digitali mettono a disposizione di ognuno di noi una quantità sempre più grande di informazioni, non sempre affidabili, gli Uffici nazionali di statistica hanno il compito di assicurare la qualità dei dati, renderli fruibili ad un pubblico ampio, e non più composto solo da esperti, e interagire in modo orizzontale con i cittadini - cioè, con lo stesso modello tipico delle piattaforme social, migliorando la statistical literacy (alfabetizzazione statistica).

Questo si è impegnato a fare Istat: i social media non servono più semplicemente a veicolare verso il sito (quindi, verso la immensa quantità di dati e pubblicazioni dell’Istituto), ma diventano un vero e proprio "social media system", che offre i prodotti in modo adeguato alle diverse tipologie di pubblico, monitora e incrementa la reputazione digitale e, aggiungo io, rende la nostra statistica bella, interessante, divertente, oggetto di discussione quotidiana. 

Uno degli obiettivi di Istat, conclude il paper, è “rendere strategica la funzione della comunicazione” e “rafforzare il team dedicato ai social media, in termini di competenze professionali specifiche”. Una sfida analoga a quella delle sempre più numerose Istituzioni pubbliche che utilizzano i social, che è da ritenersi fondamentale per la qualità dell’azione comunicativa pubblica e per il raggiungimento degli obiettivi sottesi e correlati. Per dire che la presenza su facebook, twitter, instagram, linkedIn, whatsapp, telegram o su qualsiasi altra piattaforma digitale, per una Pubblica Amministrazione non può rappresentare una funzione ancillare, bensì strategica, in modo da trasformare i social in potenti mezzi di educazione e di informazione reale, affidabile, di qualità. 

Io seleziono molto le notizie e ho una certa ossessione per la verifica delle fonti, soprattutto quando si tratta di dati statistici. Per me è un’operazione facile perché sono abituata a farlo, ma credo che l’approccio comunicativo di Istat e di molte altre Organizzazioni consenta ormai a chiunque di farsi un’idea autonoma e distinguere meglio la verità dall’invenzione.

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