(@michelesilletti)
Riemergo dalla convention annuale dell'Associazione "Ecosistema Camerale", di cui sono cofondatore e consigliere, incentrata sull'evoluzione di una community.
La community può essere intesa quale strumento di una associazione, di una specifica organizzazione, della Pubblica Amministrazione o della società, più in generale. Certo, caratteristiche, numeri, complessità diverse, ma anche tante logiche e regole "evolutive" comuni.
Queste riflessioni derivano, ovviamente, dal mio vissuto personale e professionale, dal confronto continuo con persone che stimolano la mia propensione all'ascolto, alla archiviazione delle informazioni e successiva rielaborazione con logiche di analisi, ricerca di correlazione e deduzione, figlia della mia formazione scientifica. Una deformazione professionale, potrei chiamarla.
Sta succedendo di tutto, in ogni forma di community di cui facciamo parte, ad una velocità inimmaginabile: siamo artefici, spettatori e destinatari di una rivoluzione digitale che modifica tempi, spazi, e modalità di ogni singolo aspetto della nostra esistenza. Vita personale, sociale, lavorativa. Sta cambiando la scuola, la politica, tutto. Sta cambiando il lavoro con una rivoluzione digitale che è diventata anche lo strumento utile e necessario a stravolgere concetti come "posto di lavoro" e "orario di lavoro". Entro il 2020 lo smart working sarà realtà per il 51% delle aziende italiane, emerge da una indagine di Infojobs. Parliamo di domani! Il fenomeno del coworking si sta diffondendo rapidamente ed in modo difficile da censire, come risposta ad una evoluzione culturale del lavoro (non solo per la riduzione dei costi).
In tutto ciò l'azienda più grande d'Italia, la Pubblica Amministrazione, resta praticamente ferma, al palo. Se non per qualche raro esempio frutto di iniziative isolate e personali. Ecco, le iniziative personali, la "persona al centro", artefice e destinataria di ogni trasformazione: è questo il fulcro di ogni evoluzione, di ogni strategia.
La Pubblica Amministrazione (PA) la vivo ogni giorno da un punto di vista, probabilmente, privilegiato: lavoro per la PA ma non ne faccio parte, conosco centinaia di Enti, so cosa fanno, ne conosco i processi, le dinamiche, le resistenze e le qualità. Incide così tanto nella vita del nostro Paese (per numero di dipendenti, per numero e tipologia di funzioni svolte) che è facile comprendere quanto la sua trasformazione digitale potrebbe incidere positivamente nella vita di cittadini e imprese.
Ma non voglio parlare di "semplificazione" e "sburocratizzazione", l'ho già fatto e tante altre volte toccherò questi argomenti. Voglio parlare di trasformazione digitale con la persona al centro. E senza toccare i risvolti politici, perché di "riforma della PA" se ne parla ad ogni legislatura. Ecco, se si partisse dal presupposto che una riforma di una organizzazione così complessa non può essere legata ad una legislatura, ad un mandato, sarebbe un ottimo punto di partenza. Perché se è vero che la trasformazione digitale è irreversibilmente in atto, quello che manca è la strategia di un progetto complessivo di riforma strutturale. Un parolone, lo so. Ma mi piacerebbe applicare una logica matematica, utilizzata però in svariati campi e metodologie di lavoro. Quella della scomposizione di un problema complesso in un insieme di problemi più piccoli, con la variabile "persona" ben in evidenza.
Non voglio dire che la soluzione sia semplice, ma ogni azione deve essere collegata da una strategia di insieme. Ad esempio:
- una scuola che affianchi alle nozioni (fondamentali, storia compresa! giusto per rimanere sulla cronaca) i laboratori pratici, strumentali e logici, che prepari i lavoratori di domani;
- programmare un ricambio generazionale tra i lavoratori della PA che abbia una prospettiva decennale;
- rianalizzare i singoli processi al fine di programmare e attuare le modifiche normative necessarie, cercando di evitare le riforme per decreto, singolo, scollegato dal resto. E' fondamentale conoscere tutto il sistema pubblico, le diverse competenze per isolare le sovrapposizioni, gli organi ridondanti;
- la trasparenza deve essere l'unica, normale, modalità di produzione atti, non un adempimento formale da rispettare "a valle". E di conseguenza la "responsabilità" dell'azione amministrativa sarebbe "un dato di fatto" distribuito e inalterabile, come in un registro di blockchain, ad esempio.
Non è facile, ovviamente. E sono anche ragionevolmente convinto che una riforma così strutturale non possa neanche essere calata dall'alto, esclusivamente con la regolamentazione. Non funziona, ce ne siamo resi conto negli ultimi decenni.
Credo, invece, che una chiave possibile risieda nelle potenzialità dei singoli e nella funzione aggregante delle "community"; partecipazione, si, ma non solo. Qualcosa di più. Senso di appartenenza, collegamento e condivisione di competenze, dialogo, anche partendo da punti di vista diversi.
E un esempio concreto potrebbe essere il nostro approccio "ecosistemico".
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