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Orgoglio e pregiudizio 4.0


di Francesca Sanesi

Orgoglio
Laura Margheri, donna geniale della robotica, rientra dall’Imperial College di Londra all’Istituto italiano di tecnologia (IIT), all’interno del Polo Sant’Anna a Pontedera. Sarà project manager nel Centro di Microbiorobotica, diretto da un’altra donna, Barbara Mazzolai.

Il Nobel per la Fisica 2018 è stato assegnato a Donna Strickland, insieme ad Arthur Ashkin e Gerald Gérard Mourou per le loro rivoluzionarie ricerche nel campo della fisica del laser. Finalmente, visto che, dall’istituzione del premio, solo altre due donne, Marie Curie (insieme al marito Pierre) nel 1903 e Maria Goeppert-Mayer (insieme a Johannes Hans Daniel Jensen) nel 1963, ne erano state insignite.

Pregiudizio
In un articolo di oggi sul Quotidiano Nazionale, il rettore della Normale di Pisa, Vincenzo Barone ha denunciato che “ogni volta che si tratta di valutare o proporre il nome di una donna per un posto da docente, si scatena il finimondo. Si parla di tutto meno che di preparazione, merito e competenze, che dovrebbero essere i soli criteri per valutare un accademico”. “Calunnie belle e buone – continua -, con l'aggiunta, come accaduto in anni recenti, di lettere anonime e notizie false diffuse ad arte”.

Un ricercatore dell'Università di Pisa, Alessandro Strumia, nel corso di un workshop organizzato dal Cern a Ginevra ha provato a dimostrare scientificamente - scatenando ovvie polemiche e provvedimenti disciplinari - che la Fisica è roba da uomini ma che nel settore ormai il sessismo non si rivolge più alle donne (che farebbero bene a dedicarsi alle materie umanistiche), bensì verso il genere maschile.

Dettaglio di "Il consiglio alla vendetta" di Francesco Hayez, 1851.
Casi di orgoglio e pregiudizio - agli onori della cronaca recente - in un mondo che cambia a velocità vertiginosa. Io mi trovo a contare le donne intervistate nelle trasmissioni televisive, rappresentate in politica, presenti nei panel scientifici, sedute sui palchi dei relatori. Le conto. È qualcosa di morboso e sento che ben presto mi alzerò in piedi gridando al machismo.

In una nota di ottobre dell’International Monetary Fund, “Gender,Technology, and the Future of Work”, si rileva che nei settori più inclini all’automazione le donne eseguono, in media, attività maggiormente ripetitive rispetto agli uomini. Le autrici stimano, di conseguenza, che 26 milioni di posti di lavoro femminili su 30 paesi (28 paesi membri dell'OCSE oltre a Cipro e Singapore) sono ad alto rischio di sostituzione tecnologica entro i prossimi due decenni. Una probabilità superiore al 70% di essere automatizzati. In definitiva, circa 180 milioni di posti di lavoro femminili sarebbero ad alto rischio di essere sostituiti a livello globale. Le donne sono sottorappresentate nei settori STEM, settori che anticipano la crescita dell'occupazione, dove i cambiamenti tecnologici possono essere complementari alle abilità umane. Ci sono anche alcuni segnali positivi, ma infrangere il “soffitto di cristallo” resta fondamentale e ancora difficile.

Venerdì scorso ero a Bertinoro a seguire le magnifiche Giornate organizzate da Aiccon sul tema della Sfida etica nella IV rivoluzione industriale e, fra gli altri, ho ascoltato un sempre illuminato Stefano Zamagni parlare del rischio gender bias in un utilizzo dell’algoritmo che non tenga conto delle diversità. Un argomento del quale, con meno capacità di Zamagni, ho scritto qualche mese fa, traendo ispirazione da Giulia Baccarin, managing director di I-Care e co-founder di MIPU. Baccarin, in un bellissimo speech in occasione della presentazione del Libro Bianco sull’Intelligenza Artificiale al servizio del cittadino di Agid, metteva in guardia dai pericoli insiti nel pregiudizio: “Applicare l’Intelligenza Artificiale al passato limita la nostra libertà di visione perché restringe il mondo che creeremo solo, al massimo, a quello che abbiamo già fatto”. Quindi, poca diversità e, presumibilmente, un mondo nel quale le donne continuano a sbattere la testa contro il famoso soffitto trasparente ma invalicabile.

Lo studio di IMF indica alla politica possibili soluzioni: investire nelle donne nei campi STEM, colmare le lacune di genere nelle posizioni di leadership; colmare il divario digitale; facilitare le transizioni per i lavoratori, garantendo l’uguaglianza di genere, e così via. Cose che ho letto molte volte e bisogna certamente insistere, senza esitazione, perché i plateali pregiudizi che ho citato all’inizio sono nulla rispetto a quello che la maggioranza delle donne vive quotidianamente e nel corso della propria carriera.


I casi di orgoglio sono molti, ne ho incontrati alcuni sulla mia strada. Ma vedo che oggi, ancora oggi, mentre ci avviamo, fra le altre cose, verso una epocale trasformazione del mercato del lavoro determinata dall’automazione, non siamo ancora pronti. 

L’Italia non è un Paese per donne.

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