di Michele Silletti (@michelesilletti)
E’ dappertutto. Potrebbe essere definita “cervello delle
macchine” e se alle macchine iniziamo a dare delle sembianze umane ecco che
ci ritroviamo catapultati in un film di fantascienza di fine anni ’70. Ma la
realtà ha, invece, un risvolto molto più pratico.
Aiutare o addirittura sostituire l’uomo nei lavori più
gravosi, in quelli più difficili, in quelli più pesanti o in quelli più precisi.
La diffusione e crescita dell’utilizzo di “macchine” è un
fenomeno ormai diffuso, costante e inesorabile, con un incremento del 12% annuale e previsioni del +14%.
Questa, quindi, è una evoluzione abbastanza naturale,
spontanea e attesa. L’automazione dei processi produttivi, il passaggio alla IV
rivoluzione industriale, non poteva che andare nella direzione di macchine, pur
sempre guidate o progettate dall’uomo, con una “capacità di analisi” (e non
spaventi questa possibilità) derivante da un utilizzo sempre più “attivo” delle
informazioni, dati, disponibili: capacità di svolgere attività in modalità quantitativamente
e qualitativamente inimmaginabili, evidenziare elementi di rischio o analisi
(il vecchio “controllo della qualità”), ipotizzare soluzioni o azioni migliorative
per ogni singolo processo. Questa, anche questa, è Intelligenza Artificiale.
La vera rivoluzione è, invece, quella culturale, la
digitalizzazione della nostra vita. Questo processo è meno scontato e comporta
molti più rischi (i gap digitali possono essere lo squilibrio sociale di
domani); questo punto di vista è espresso in maniera impeccabile dal Professor
Zamagni nel suo editoriale per il magazine Vita (http://www.vita.it/it/article/2018/11/01/il-sociale-non-basta-piu/149589/
)

La trasformazione digitale sociale è, sicuramente, l’aspetto
più importante sul quale investire risorse, umane ed economiche. E’ qui che ci
giochiamo la partita perché quella squisitamente tecnologica (robot, automazione e supporto o sostituzione del lavoro umano) è già segnata, va in una direzione di costante sviluppo e diffusione. Molti
più dubbi ho, invece, su questa rivoluzione sociale vedendo, da padre, la
scuola di oggi (i metodi di insegnamento, le carenze infrastrutturali, ad
esempio) e le differenze di approccio sociale tra chi è dentro, comprende,
utilizza la trasformazione digitale, e chi, invece, la subisce o la evita.
Su questo campo il lavoro da fare è enorme, non possiamo
aspettare che cada dall’alto e, senza etichette e senza titoli roboanti, va
svolto casa per casa, impresa per impresa da parte di tutti quei soggetti
(privati, pubblici, associazioni) con la funzione di “ecosistema” circolare,
reciproco.
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