Passa ai contenuti principali

Tacita Muta


di Francesca Sanesi


Il gender gap mi preoccupa, ne scrivo spesso.

Vedo poca evoluzione in questo senso, vedo prevalentemente uomini al potere e al comando, che si esprimono esattamente da uomini, con un linguaggio che non mi appartiene e, anche indirettamente, mi mortifica in quanto donna. La necessaria diversità, che arricchisce, mi sembra, al contrario, si stia stemperando nell’accettazione generale di un modo di essere e parlare che svilisce il pensiero plurale e lo trasforma in un pensiero a dir poco dimezzato e che non mi rappresenta.

Acquarello di Grazia Salierno

Chiedo aiuto alla statistica, come sempre, non fidandomi pienamente del mio sentimento.


Secondo l’ultimo Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile rilasciato da Istat il 18 dicembre scorso, nonostante i diversi progressi conseguiti a partire dal 2013 nella presenza di donne in Parlamento, nei consigli regionali (in questo caso, comunque, molto lenti) e nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa, il nostro Paese resta lontano “dal raggiungere la Gender Balance Zone, cioè la percentuale di donne elette compresa tra il 40% e il 60%, soglia raggiunta dai Paesi Scandinavi, ma anche in Francia e Spagna grazie alla significativa presenza di donne tra gli eletti al Parlamento Europeo”.
(Devo dire che mi ha colpito il video “Dietro le quinte del BES” che Istat ha rilasciato per promuovere la presentazione del nuovo Rapporto. Parlano alcuni dei ricercatori che lavorano a questo straordinario progetto: sono tutte donne. Non so se sia stata una scelta consapevole o meno, ma è bella).

 E’ uscito recentemente anche il Global Gender Gap Report 2018 del World Economic Forum. Nella graduatoria globale, l’Italia è al 70esimo posto (al 38esimo nella classifica riguardante l’area di partecipazione politica), in quella dell’Europa Occidentale al 17esimo, seguita solo da Grecia, Malta e Cipro. Il WEF si occupa di questo tema sin dal 2006 per comprendere le disparità di genere, tenerne traccia nel tempo e per focalizzare l’attenzione sulle sfide e sulle opportunità che possono derivare dalla riduzione di tali divari. Nell’edizione di quest’anno, mi colpiscono due dati.
Il primo è decisamente sensazionalistico, e infatti è fra quelli più ripresi anche dalla stampa nel commentare il Rapporto: nei 106 Paesi analizzati da WEF dall’avvio dell’indagine, il gap di genere sarà colmato in 108 anni, mentre serviranno 202 anni per chiudere il divario economico e 107 per quello politico. Dunque, io non vedrò di certo il momento in cui donne e uomini avranno finalmente le stesse opportunità.
Il secondo dato riguarda l’intelligenza artificiale, new entry nel Report del WEF che si preoccupa di monitorare, con l’aiuto di LinkedIn, l’impatto sui divari economici di genere determinato dai cambiamenti prodotti dall’espansione di nuove tecnologie e dalla divisione del lavoro fra uomo e macchina. In particolare, si valutano gli effetti dell’Intelligenza artificiale quale driver principale delle trasformazioni portate dalla Quarta Rivoluzione Industriale. Il dato, insomma: solo il 22% dei professionisti di intelligenza artificiale a livello globale sono donne, rispetto al 78% che sono maschi. Ne deriva un divario di genere del 72%, ancora da chiudere. In Italia il gap è pari al 61%: le professioniste dell’IA sono il 28%.
Più che un soffitto di cristallo mi sembra un muro di gomma.

Solo qualche altro numero. Amnesty International ha condotto uno studio con Element AI, analizzando milioni di tweet ricevuti da 778 giornaliste e politiche dal Regno Unito e dagli Stati Uniti per tutto il 2017, professioniste con punti di vista differenti. Il 7,1%  dei tweet inviati alle donne, secondo lo studio, era "problematico”  o "offensivo" (traduco così “abusive”, ma potrebbe anche essere “violento”) . Ciò equivale a 1,1 milioni di tweet che menzionavano queste donne durante l'anno, uno ogni 30 secondi. Insulti trasversali, di destra e di sinistra (lievemente superiori gli insulti verso le donne di sinistra), in percentuale significativamente più elevata verso le donne nere.
Non ci sono dati riferiti al nostro Paese, ma in questo ci aiuta la mappa redatta per il terzo anno consecutivo dall’Osservatorio dei Diritti Vox, che evidenzia come, pur in maniera contenuta rispetto ad altre categorie, sia cresciuto l’odio via Twitter contro le donne, passando dai 284.634 tweet negativi registrati nel 2016, ai 326.040 del periodo 2017/ 2018. Le donne restano, quindi, la categoria più colpita via twitter dagli haters, gli infimi odiatori seriali che trascorrono il loro inutile tempo a insultare. Pare sia gratificante l’odio per queste persone che chiaramente non sanno quanto, invece, siano gratificanti l’amore e il rispetto. Basta aprire Twitter per capirlo. Io spesso trascorro il tempo segnalando, con risultati, devo dire con amarezza, di pochissimo conto.


Da ragazzina, mentre frequentavo il liceo, ho letto un piccolo libro di Eva Cantarella intitolato “Tacita Muta”. La straordinaria storica e giurista, nel 1985, dedicava il suo saggio alla dea Lara, ridotta al silenzio da Giove quando era una ninfa garrula, e stuprata da Mercurio (ne nacquero i Lari), e la prendeva ad emblema della condizione femminile nella Roma arcaica: una storia di silenzio.  

Ridurre le donne al silenzio.
Facciamo continui ma davvero lentissimi passi in avanti. Io proverei a parlare ed agire di più, almeno per non sentirmi dire, come spesso accade, che il bias me lo creo da sola.



(La foto è di un bellissimo acquarello di Grazia Salierno intitolato “Non ricordo neppure da cosa stessi fuggendo, quando sono giunto qui”)

Commenti

Post popolari in questo blog

Il futuro non aspettò. Riflessioni sullo smart working

di Michele Silletti ( @MicheleSilletti ) Quando si è nel mezzo di una tempesta, gli ottimisti cercano con lo sguardo la via d’uscita, gli altri si aggrappano per non essere spazzati via, magari anche guardandosi indietro, rimpiangendo la calma precedente. Nel pieno del “lockdown” lo sguardo è ovviamente già sul dopo, su quello che l’emergenza Covid-19 avrà lasciato, sul come ripartire, sul cosa prendere di buono da questa esperienza vissuta. L’emergenza ha avuto un impatto inevitabile sulla vita quotidiana, spazzando via certezze e abitudini, costringendoci a modificare, nostro malgrado, stile di vita e quindi di lavoro. In pochi giorni nazioni intere si sono dovute organizzare per svolgere le proprie attività in una modalità diversa. E’ inutile parlare di lavoro agile o smart working (o di smart schooling) e di arrotolarsi sulla definizione più corretta, forse, di telelavoro forzato; sembrerebbe un esercizio di stile su una situazione che tutti, auspichiamo, duri il minor te

I numeri sono importanti!

di Michele Silletti ( @MicheleSilletti ) Una trentina di anni fa questa affermazione, riferita alle "parole", ha lasciato un segno importante nella cinematografia italiana e nel modo di parlare; un invito a porre attenzione e utilizzare adeguatamente la ricchezza della nostra lingua. Da statistico, appassionato di ricerca e analisi ho voluto riutilizzarne il significato. Forest of numbers di Emmanuelle Moureaux (fonte: https://www.domusweb.it/it/notizie/2017/02/09/forest_of_numbers.html) Evito di partire dagli inizi e quindi non dirò, di certo " Il calcolo accurato è la porta d'accesso alla conoscenza di tutte le cose e agli oscuri misteri"  [il papiro di Rhind],   ma la sostanza è quella.  Vivendo l'era di internet, dell'accesso a infinite fonti informative, il faro va acceso sulla qualità e attendibilità delle fonti. Da alcuni anni si è sviluppato un acceso dibattito "social" (ma non solo) sulle fake-news; certo, parliamo di co

Appunti sul tempo

di Francesca Sanesi Qualche anno fa discutevo con un amico del senso del tempo. Siccome ho una formazione classica, ho l’insopportabile abitudine di citare e in quell’occasione rispolverai niente meno che Bachtin (nonostante parlassimo di politica e non ricordo, dunque, il perché di questo azzardato accostamento), recuperando alcune considerazioni sul cronotopo in letteratura da “Estetica e Romanzo”. Diceva Bachtin: “ Tutta l’azione del romanzo greco, quindi, tutti gli avvenimenti e tutte le avventure che lo riempiono non rientrano nella serie temporale storica, né in quella quotidiana, né in quella biografica, né in quella dell’età biologica elementare. (…) In questo tempo nulla muta: il mondo resta così com’era, biograficamente neppure la vita dei protagonisti muta, i loro sentimenti restano anch’essi immutati, e le persone in tale tempo non invecchiano neppure. Questo tempo vuoto non lascia alcuna traccia, alcun connotato duraturo del proprio fluire. È (…) uno iato extra