di Michele Silletti (@MicheleSilletti)
E non è un problema di metodi, di strumenti, di tempi. No, il problema è di "persone", abituate a immaginare che il progresso sia un leggero, lieve adeguamento della situazione attuale in un'ottica di mantenimento del proprio comfort personale. Il progresso è invece rivoluzione, è il rischio o speranza di trasformare sostanzialmente, è guardare con occhi nuovi.
Il fallimento della via intrapresa è oggi sotto gli occhi di tutti con la situazione della Scuola, ma non solo. In piena pandemia ci siamo ritrovati difronte ad una situazione non prevista che ha messo con le spalle al muro un mondo intero e tutte le scelte leggere, inconsistenti, avverse al vero progresso.
Un fallimento dimostrato, ad esempio, da una banale apertura di un "libretto dematerializzato" che, ovviamente, richiede l'apposizione di 5 o 6 firme autografe (!) su di un signaturepad e la stampa (!) di 8 pagine di contratto. Ma questo è un esempio quasi divertente.
Se passiamo alla Scuola "digitale" le lacrime diventano amare. Senza entrare nel merito del difficile dibattito sull'importanza di diritti fondamentali che mai vorremmo contrapposti (salute vs studio, così come salute vs lavoro in altri momenti e in altri luoghi) e della difficoltà di gestire la didattica con metodi misti, mi chiedo perché oggi, pandemia a parte, la nostra Scuola non abbia contenuti digitali da utilizzare quotidianamente (lo ripeto, pandemia a parte). E non parlo di qualche cd-rom allegato, male, ai libri di testo. Parlo di contenuti multimediali facilmente accessibili tramite un link da PC, Smartphone, Tablet, parlo di testi, filmati, esercizi.
Oggi continuiamo ad acquistare costosi libri di carta rapidamente obsoleti, aggiornati, sostituiti. E' veramente così difficile pensare ad una "scuola senza zaino" che non sia esperimento perenne, che non sia relegato in una singola classe o un singolo plesso "pilota", che restano tali per decenni?
Veramente, nel 2020, dobbiamo assistere a questo spettacolo di scuola digitale: un professore che invia i compiti scattando una fotografia con lo smartphone, tramite qualche strumento di messaggistica, e uno studente che stampa la fotografia per svolgere gli esercizi su un foglio di carta in chiaroscuro (come tutto il resto d'altronde) che sarà ri-fotografato da uno smartphone e, tramite uno strumento di messaggistica, rinviato al docente? In questo tourbillion di finzione digitale le menti, i cervelli dei nostri docenti e dei nostri ragazzi avranno perso più tempo per ingegnarsi su come fingere di essere attori di una didattica digitale che impegnarsi sui contenuti.
Ecco, i contenuti. Mi piacerebbe che tutto il tempo possibile fosse dedicato a questo, vorrei ascoltare i docenti leggere, interpretare, insegnare contenuti e guardare i ragazzi assorbire avidamente conoscenza, contenuti, emozioni.
Purtroppo non è così, ma se usciamo dalla scuola vediamo ancora aziende e amministrazioni pubbliche sommerse da carte e bloccate da una finta digitalizzazione che non è altro che una foto di una pagina di carta, dell'ennesima identità digitale "unica", della milionesima app.
Credo, quindi, che questa trasformazione, questa rivoluzione non spetti alle stesse persone che hanno creato e alimentato tutto questo. Non faccio un discorso generazionale, perché ho visto pensionandi più propensi all'innovazione e alla digitalizzazione di trentenni appena entrati nel mondo del lavoro. Faccio un discorso di persone, di mentalità, di attitudine.
E' impensabile che la strada della trasformazione digitale sia decisa, progettata, da chi ha mantenuto in vita una società anacronisticamente analogica.
Quello che mi aspetterei, subito dopo esserci liberati di questo particolare momento storico, è una vera riforma che corregga, anzitutto, il caos derivante dalla delega delle funzioni dello Stato ai diversi organi territoriali, istituendo nella nostra Carta Costituzionale una sezione dedicata ai principi di Stato Digitale che dovranno guidare una immediata e conseguente riforma dei settori dello Stato. Istruzione, Sanità, Giustizia e così via.
E' impensabile che il principio dell'identità digitale del soggetto, dalla scuola a tutti i successivi servizi della propria vita, non sia previsto dapprima a livello di principio fondamentale, e poi regolamentato e gestito in maniera certa e perentoria. Dallo Stato. Eliminando tassativamente ogni frammentazione centrale o locale.
Quando inizieremo a non dover più scrivere (o digitare) la formula "nome e cognome, nato a....", quando la nostra identità digitale avrà accesso a tutti i servizi dello Stato senza incertezze, senza specifiche app, senza click day, solo allora potremo definirci Stato moderno.
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